Riflessioni sul Natale

 

RIFLESSIONI SUL NATALE

 

 

 

Il Natale è un momento “non facile” dal punto di vista psicologico.

 

 

 

Ne ho conferma ogni anno, nei  diversi contesti di cui sono parte: a scuola, come insegnante, leggendo alla classe il messaggio augurale del preside che parla di passione e responsabilità, nel reparto di psichiatria,come tirocinante psicoterapeuta, dove i pazienti arrivano più numerosi rispetto ad altri momenti dell’anno, nel mio studio, nelle storie dei miei pazienti.

 

 

 

La scorsa settimana, proponendo alla classe un brainstorming sul Natale,un ragazzino ci ha raccontato che per lui il Natale non può essere felice: lo scorso anno, durante il pranzo al ristorante, il nonno si è sentito male e si è dovuti correre al pronto soccorso…poi, il nonno è morto:  “Pensando al Natale, io penso al nonno che non c’è più”, dice lui.

 

A queste parole, la classe rimane in silenzio  e mi guarda mentre, sempre in silenzio, cerco di accogliere il dolore di quel ragazzino che stride con il clima di festa presente nella classe qualche minuto prima, eppure ci riporta alla vita… rimango così, volutamente senza parole – il dolore si può solo accogliere- e i ragazzi sentono che in quel vuoto c’è spazio anche per le loro storie.

 

 

 

Un ragazzino racconta che anche lui ha perso la nonna che lo teneva in braccio, da piccolo, e a Natale la ricorda in modo particolare, perche’ non c’è  più.

 

Un altro ragazzino dice che anche il suo nonno si è sentito male mentre era a cercare funghi e quando è stato raggiunto dai soccorsi era troppo tardi: “Non l’ho nemmeno potuto salutare!”.

 

Una ragazzina parla del suo cane, regalato dai genitori  spesso assenti per il lavoro dopo tante sue richieste, suo compagno di pomeriggi e passeggiate: è morto per una malattia e lei ha pianto tanto.

 

Un ragazzino straniero racconta di quando ha dovuto lasciare il suo paese - i suoi genitori venivano a cercare lavoro in Italia- ha lasciato anche i suoi amici e per lui è stato molto doloroso: a Natale,in particolare, gli mancano i loro giochi insieme.

 

Una ragazzina ci racconta che ha tanta paura di perdere la sua mamma che, in passato, è stata molto male.

 

Qualcuno tra i ragazzi piange, anch’io ho gli occhi umidi e penso che quel pianto condiviso può aiutarci ad essere gruppo molto di più del cartellone delle regole appeso alla parete dal collega.

 

 

 

Dico ai ragazzi che possiamo darci il permesso di piangere anche a Natale, soprattutto a Natale: molte persone, come loro, vivono a Natale un momento non facile e, in questo, loro non sono soli.

 

 

 

Invito poi, chi vuole, a scrivere un bigliettino per esprimere un pensiero di vicinanza ad uno o a più compagni che ci hanno fatto dono della loro storia: quasi tutti i ragazzi accolgono la proposta; qualcuno si alza, consegna il biglietto e abbraccia il compagno.

 

Mentre li guardo penso a quanto sia impossibile essere felici a comando: eppure “ E’ Natale: devi essere felice!” è un monito che tanti di noi si sono sentiti ripetere anche più volte nella vita.

 

 

 

A Natale, ognuno ha la sua storia da raccontare. Le famiglie si riuniscono e ognuno cerca di partecipare un po’ a quella gioia  della festa che sente nell’aria: ci è stato dato un figlio, l’Emmanuele, il Dio-con-noi, ci dicono le Sacre Scritture.

 

I nostri presepi accolgono, a Natale, quel bambino atteso al centro della scena.

 

Quel bambino che può anche essere “il bambino interiore” che ognuno di noi porta dentro di sé e che sempre, fin dalla nascita, ha desiderato essere accolto e amato.

 

 

 

Alcuni di noi, forse più fortunati, hanno fatto questa esperienza nella vita e possono essere grati ai propri genitori e alle altre figure genitoriali che hanno incontrato nel loro percorso, agli amici veri -ricchezza preziosa e insostituibile in tutte le età della vita- ai propri partner, con cui hanno costruito e mantengono una relazione reciprocamente nutritiva, ai propri figli naturali e acquisiti, con cui c’è condivisione, talora conflitto, ma sempre scambio.

 

 

 

Altri sono stati meno fortunati: non si sono sentiti amati per ciò che sono, valorizzati anche per le divergenze, rispettati nella propria alterità, ma spesso costretti ad essere “altro da sé” , forse per colmare i vuoti degli altri e si sono dimenticati nel tempo, almeno in parte, di questo vero sé  presente.

 

 

 

A loro soprattutto va la mia vicinanza a Natale e anche a coloro che per le loro ferite-feritoie  – per usare una espressione di A.Carotenuto a me particolarmente cara – mantengono, almeno in parte, aperta la propria ferita per poter essere in contatto con quella dell’altro: a loro è fatto un dono speciale e non solo a Natale: le storie private che non si raccontano,le paure, le ansie,i limiti che, invece di allontanare, avvicinano le nostre umanità.

 

 

 

A tutti l’augurio di diventare nel tempo madri e padri di se stessi, di imparare a nutrire i propri bambini interiori e di prendersene cura, arrivando talvolta persino a pensare di ringraziare quei genitori che allora non seppero nutrirci come avremmo voluto e che ci ricordano, soprattutto a Natale, quanto ogni persona desideri essere riconosciuta e amata, pìù di ogni altra cosa e come, in questo, ognuno di noi, a suo modo e con autenticità, possa fare la sua parte.

 

 

 

Cari auguri,

 

 

 

Benedetta Pazzagli

 

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